Questo Governo, pur con una manovra coraggiosa, rischia di assumersi la responsabilità storica di gettare alle ortiche la previdenza multi pilastro. Cancellando in un attimo vent’anni di leggi e lavoro organizzativo fatto per affrontare la bomba ad orologeria delle pensioni pubbliche a ripartizione. Infatti, il criterio di corrispettività su cui oggi è imperniato il calcolo delle prestazioni non è sufficiente, purtroppo, a garantire tassi di sostituzione accettabili, dati i trend demografici e la bassa crescita del PIL. Per questo, rimane necessario integrare la pensione che verrà dall’INPS con la rendita proveniente da un meccanismo a capitalizzazione individuale, che oggi è possibile alimentare col TFR maturando, oltre che col contributo aziendale. Per lo meno nel settore privato. Dal prossimo 1° gennaio 2015, però, ciò risulterà ben poco attraente, in ragione delle novità introdotte nella legge di stabilità. Non bastava rendere immediatamente disponibile il TFR, dando la possibilità, a chi lo voglia, di alimentare i consumi col fieno in cascina. Adesso sembra addirittura che si voglia aumentare la pressione fiscale sulla previdenza integrativa, passando dall’11,50 al 20,00 per cento. Più che per far cassa, viene il sospetto che si voglia convincere i lavoratori a preferire l’anticipo del TFR, per poi poter dimostrare che era proprio quello che volevano gli Italiani. Con tanto di anticipo IRPEF a favore dell’erario. Si tratta di un neo, in mezzo a tagli importanti e stimolanti, come l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’IRAP. Sempre che poi le regioni, principali beneficiarie di questa imposta, non trovino qualche sistema di rivalsa a carico delle imprese. Ma l’eutanasia a cui si costringe i Fondi Pensione determinerà effetti la cui gravità crescerà con il tempo e che si capirà solo tra un po’ di tempo. Sia chiaro, chi ha aderito ai nostri Fondi Pensione non perderà il suo capitale; al limite si troverà solo con una pensione diminuita, rispetto ai parametri odierni, se dovesse passare l’idea di aumentare l’aliquota di prelievo sui rendimenti. Tutto il contrario di quello che il Ministro Padoan ci aveva promesso, solo una settimana fa; se passa l’anticipo del TFR, diceva, si troverà qualche agevolazione fiscale per incentivare la previdenza integrativa. Senza dimenticare che anche la commissione bicamerale sulla previdenza complementare aveva concluso i suoi lavori, a luglio, invitando il Governo verso la logica eet (esenzione-esenzione-tassazione); la stessa che caratterizza già la maggior parte dei Paesi OCSE in cui operi un sistema multipilastro. Con questo doppio handicap i nostri Fondi si avvieranno, invece, a una lenta consunzione, con sempre meno aderenti, meno flussi di risparmio, per la gioia di non si sa chi. Quel che è certo è che i risparmi accumulati fin ora, circa 37 Mld di €, se ne staranno a debita distanza dalle necessità oggettive del Paese. Se tutto venisse confermato, infatti, tramonterebbe miseramente il progetto di alimentare un grande fondo d’investimento per finanziare la crescita. Sarà ben difficile, cioè, che i Fondi Pensione Negoziali, che sono stati tra i primi a lanciare l’idea, vogliano concorrere con lo stesso entusiasmo con cui si sono presentati al MEF per discutere della cosa ai primi di settembre. Attenzione, però, che il riverbero di questo fatto sarà più grande del fatto in sé. Perché quando si dimostra poca lungimiranza, non si può contare, poi, su capitali pazienti. E senza questa tipologia di capitali, addio investimenti a lungo termine; nelle infrastrutture, in nuovi impianti, in nuove iniziative per creare occupazione. A ben vedere, quindi, l’eutanasia che sembra si voglia imporre alla previdenza integrativa ha un doppio risvolto: meno pensioni in futuro e meno investimenti oggi. Siamo proprio sicuri che sia un buon affare?
Roma, 16/10/2014
Michele Tronconi - Presidente Assofondipensione